I tragici momenti che sta vivendo la popolazione ucraina si riallaccia fatalmente alle decisioni di aiuto prese in Europa e negli Stati Uniti. Non può sfuggirci la diversità degli atteggiamenti di questi ultimi relativamente al peso delle decisioni prese e di quanto emerge in relazione a queste la dipendenza europea dalle forniture di vettori energetici (gas e petrolio) dalla Russia.

Questo rende ancor più evidente l’urgenza di decisioni volte a ridurre tale dipendenza nel breve quantomeno dai fornitori attuali ma in prospettiva la necessità di accelerare soluzioni legate all’uso di fonti rinnovabili che dal punto di vista della disponibilità ci rendono indipendenti. I progressi compiuti nello sfruttamento di fonti rinnovabili quali l’energia solare ed eolica sono stati notevoli ma il ritmo è basso; nel 1992 da esse si ricavava soltanto lo 0,5 per cento dell’energia elettrica globale, mentre nel 2017 contribuivano per il 4,5. Ciò significa che nei 25 anni in questione l’energia idroelettrica ha contribuito al processo di decarbonizzazione in misura maggiore delle fonti solare ed eoliche e inoltre nel mondo soltanto il 27 per cento dell’uso finale delle fonti fossili è per produrre elettricità.

Diversi settori chiave dell’economia dipendono pesantemente dai combustibili fossili e non disponiamo di alcuna fonte alternativa che possa sostituirli rapidamente e nella misura necessaria. Parliamo del trasporto a lungo raggio (oggi basato quasi del tutto sullo sfruttamento del cherosene come carburante per gli aerei di linea , e del gasolio, dell’olio combustibile, e del gas naturale liquefatto per le navi cisterna, portacontainer o porta materiali vari); la produzione di più di un miliardo di tonnellate di ferro e leghe ferrose ricavate da materie prime non riciclate ( per le quali è necessario il coke ricavato dal carbone, per la fusione dei materiali ferrosi all’interno degli altiforni), e di oltre 4 miliardi di tonnellate di cemento (prodotto in enormi fornaci alimentate da combustibili fossili di scarsa qualità); la sintesi di quasi 200 milioni di tonnellate di ammoniaca e di circa 300 milioni di tonnellate di plastica (a partire da composti derivati da gas naturale e petrolio greggio); e il riscaldamento degli ambienti (un campo oggi dominato dallo sfruttamento del gas naturale).

Devono essere questi i dati di realtà, piuttosto che aspettative troppo ottimiste, a orientare la nostra opinione sul processo di transizione dell’energia primaria. La sostituzione di dieci miliardi di tonnellate di carbonio fossile è una sfida radicalmente differente da quella di far schizzare le vendite di dispositivi elettronici portatili a oltre un miliardo di unità annue: il secondo risultato è stato raggiunto in qualche anno, il primo è un compito che richiede diversi decenni.