Le ultime bollette di luce e gas ci raccontano quanto sia importante ridurre i consumi. Ma come si concilia l’esigenza di essere più virtuosi con quella di avere sempre a piena carica i nostri amati strumenti digitali, senza dimenticarsi (magari) dell’obiettivo comune di essere tutti più ecosostenibili? Alcuni recenti articoli ci annunciano che se guardiamo in prospettiva, una strada possibile è quella che porta agli apparecchi o dispositivi indossabili (i famosi wearable device) autoalimentati, in grado cioè di raccogliere energia direttamente dall’individuo che li indossa per fungere da micro-generatori. Non è un tema di poco conto giacché oltre ai possibili utilizzi ludici la categoria dei wearable sta diventando sempre più importante anche negli ambiti lavorativi; valga per tutti i dispositivi per il controllo a distanza di macchine e robot. Parliamo soprattutto di concept e di sperimentazioni di laboratorio, ma l’innovazione corre veloce. La realizzazione di dispositivi autoalimentati richiede conoscenze scientifiche legate ai temi della triboelettricità (generata dal contatto-sfioramento fra due materiali diversi), della piezoelettricità (prodotta dalla deformazione meccanica di materiali cristallini) e dell’elettromagnetismo.

Quanto già oggi si sta sperimentando sono una serie di dispositivi che sono in grado di convertire l’energia chimica che produce il movimento del nostro corpo in energia elettrica. Immaginare sé stessi come dei generatori di corrente con indosso speciali bracciali o batterie di micro-sensori non è così immediato ma nell’era dei chip sottopelle e degli algoritmi predittivi ci può stare di tutto. Dovremmo immaginarci nell’indossare una t-shirt o qualche altro indumento portatore di tecnologia invisibile che permette di accumulare energia elettrica da destinare alla ricarica di smartphone, smartwatch e altri piccoli gadget tech, sfruttando il movimento e il sudore del nostro corpo.

Un prototipo di questo tipo di soluzione è già stato realizzato, circa un anno fa, da alcuni ingegneri specializzati in nanotecnologie dell’Università della California di San Diego ed è basato su componenti flessibili (celle a biocarburante e super condensatori) che possono essere serigrafati sui tessuti. Lo stesso gruppo di scienziati ha realizzato anche un altro dispositivo indossabile, in questo caso è un oggetto simile a un cerottino da applicare sul polpastrello, che produce energia dalla punta delle dita a partire dalla sudorazione della pelle e da movimenti anche impercettibili. Credo che in un prossimo futuro alcune di queste soluzioni inizieranno a diffondersi anche tra di noi. Voi cosa ne pensate, li indosserete?